Intelligenza artificiale: esiste una strada etica?

Le domande che ci siamo posti, le riflessioni che abbiamo condiviso e le soluzioni che stiamo studiando per fare in modo che l’intelligenza artificiale sia un’opportunità che rende più accessibili le informazioni e non una minaccia per la capacità di giudizio degli utenti.

Nel corso del 2023, l’intelligenza artificiale è diventata uno dei trend topic più divisivi, polarizzando opinioni e giudizi. Eppure non dovrebbe essere una novità: si tratta di una tecnologia ampiamente diffusa già da diversi anni, per governare algoritmi di ricerca dati e di profilazione, per gestire sistemi avanzati di riconoscimento utenti e per ideare dispositivi capaci di interagire con l’ambiente e le persone.

A portare alla ribalta il tema dell’AI è stata la comparsa di ChatGPT e degli altri progetti di chatbot conversazionali e incrementali, perché le persone hanno sperimentato cosa significa dialogare con un interlocutore artificiale.

Intelligenza artificiale e comunicazione artificiale

L’intelligenza artificiale interpreta la domanda, elabora le risposte e costruisce uno scambio di informazioni tra utente e macchina che simula una conversazione tra persone.
Il problema quindi, se di problema si tratta, è legato alla comunicazione artificiale e, solo in seconda battuta, all’intelligenza artificiale vera e propria.

Perché per noi essere umani esiste una relazione dinamica tra il modo in cui pensiamo e il modo in cui parliamo: il nostro linguaggio influenza il nostro pensiero e, di contro, ci permette di formalizzare il ragionamento, sia nell’esperienza solitaria che in quella socializzata.
Non solo. Il linguaggio, come ogni forma di comunicazione, è anche associato alla nostra capacità espressiva e siamo quindi abituati a decodificare un discorso per comprendere quali emozioni e sentimenti veicola.
Tutto questo ha profondamente a che fare con la natura umana.

Una macchina che sostiene una conversazione, quindi, è una macchina che simula il comportamento umano. Poiché un discorso che proviene da una persona – o che crediamo provenga da una persona – è più persuasivo di quello generato da una macchina, cosa accadrebbe se non fossimo in grado di distinguere la natura del nostro interlocutore?

Il pericolo che si nasconde dietro questi chatbot è prima di tutto nell’aspetto di comunicazione artificiale e consiste nel fatto che un utente tenderà a dare fiducia ad una macchina in grado di sostenere una conversazione, argomentando, spiegando e approfondendo le proprie tesi in modo incrementale, senza limitarsi a restituire risposte sintetiche e scollegate una dall’altra, come siamo abituati ad osservare con un sistema di ricerca tradizionale.

Nota del nostro team nerd: questo è un tema affrontato molte volte e sotto molti punti di vista dalla letteratura e dalla cinematografia di fantascienza. Avremmo l’imbarazzo della scelta a indicare un solo libro o un solo film, ma possiamo consigliare Her, un film di Spike Jonze del 2013, con un intenso Joaquin Poenix.

Intelligenza artificiale e opportunità

Come sempre, parliamo di tecnologia e quindi di strumenti. E come sempre gli strumenti possono essere utilizzati con finalità positive o negative.

L’intelligenza artificiale è una risorsa fondamentale per implementare, ad esempio, sistemi ad elevata accessibilità. L’interazione vocale può semplificare le operazioni di utenti con limitate capacità visive, ma non solo. Può essere d’aiuto per generare interazioni cross linguistiche, oppure avvicinare gli utenti che, non disponendo di particolari competenze tecnologiche, tendono a non sentirsi a proprio agio con la digitalizzazione.

Prestare attenzione alla base dati

Ci siamo messi al lavoro. Abbiamo immaginato un nuovo modo di pensare agli strumenti digitali. Cosa succederebbe se i nuovi siti internet fossero soltanto interfacce per gestire una conversazione, scritta o vocale? Si tratta di una soluzione estrema, ce ne rendiamo conto. Ma continuiamo a immaginare: avremmo siti internet con un impatto ambientale estremamente basso e fruibili da qualsiasi device perché non importerebbe né la grandezza dello schermo, né la capacità di banda.

Ma se puntiamo a questo, o ad una qualsiasi strada intermedia, dobbiamo garantire che il sistema attinga ad una base dati sicura. Perché, a differenza di un sistema di ricerca classico in cui l’utente valuta una serie di risultati di ricerca prima di cliccare su quello di cui si fida maggiormente, in questo caso la macchina effettua la scelta da sola: dobbiamo quindi migliorare la logica con cui sceglie le informazioni e il luogo in cui le cerca.

All’interno di questo lavoro di ricerca e di sviluppo, osserviamo aumentare di giorno in giorno le opportunità. Un sistema di questo genere può accompagnare un utente all’interno di una rete di informazioni e di servizi, aiutandolo a identificare in modo rapido e sicuro ciò di cui ha bisogno. Ma può anche offrire supporto ai clienti in fase pre e post vendita. Oppure può rappresentare un supporto in fase di formazione, agendo come tutor nell’acquisizione di competenze.

Il lavoro è tanto. Noi non ci arrendiamo alla tentazione – molto di moda – di esprimere giudizi sugli strumenti, ma preferiamo trovare il modo per renderli etici, utili e sostenibili.

Leggi anche